Protesi di polso. Caso clinico
Dott.ssa Silvia Giordani
INTRODUZIONE
Le indicazioni alla sostituzione protesica dell’articolazione radio-carpica, secondo la maggioranza degli Autori, sono il dolore persistente al polso con deformità radiografiche evidenti associate a notevole limitazione funzionale; questa definizione è agevolmente adattabile a pazienti affetti da artrite reumatoide o pazienti con gravi esiti di fratture mal consolidate del polso stesso o affetti da rigidità associata del gomito e della spalla. Le controindicazioni invece sono le pregresse infezioni, la carenza di bone stock, l’iperlassità, il LES, i pazienti con lavori manuali pesanti o affetti da grave limitazione funzionale della mano (1).
TECNICA CHIRURGICA
La tecnica chirurgica prevede un’incisione longitudinale mediana dorsale e la sezione del retinacolo dei tendini estensori con eventuale sinoviectomia degli stessi. I tendini estensori delle dita vengono divaricati in senso radiale e viene eseguita la capsulotomia dell’articolazione radio-ulnare distale con resezione del caput ulnae. Si esegue quindi la capsulotomia della radio-carpica a “V” mantenendo un lembo sufficiente alla successiva ricostruzione capsulare stessa. È indicata la denervazione dorsale della capsula articolare con resezione del nervo interosseo dorsale. Vengono, quindi eseguiti i tagli del moncone radiale e carpali mediante apposito strumentario con centraggio endomidollare e dopo asportazione della prima filiera del carpo. Dopo aver ritirato i componenti di prova, si prepara cemento osseo iniettandolo nella cavità carpale e radiale e si posiziona la protesi definitiva. Si sutura la capsula dorsale inglobando l’articolazione radio-ulnare distale. Se la capsula non basta per la chiusura con il polso flesso a 35°, si divide il retinacolo degli estensori e se ne colloca una metà al di sotto dei tendini per ottenere la stabilità della RUD e adeguata motilità della protesi evitando così una possibile sinovite dei tendini estensori.
CASO CLINICO
È giunto alla nostra osservazione un uomo di 67 anni che lamentava algie al polso non dominante da diversi anni. Dalla storia anamnestica si evince che il paziente è affetto da artrite reumatoide ed è portatore di protesi d’anca bilateralmente, protesi di ginocchio sinistro. Eseguiti gli accertamenti radiografici standard si evidenzia una grave erosione artrosica del polso ds con importante sintomatologia dolorosa ai tentativi di mobilizzazione passiva e attiva dell’articolazione radio-carpica (fig.1).
fig.1
La flessione del polso risulta di circa 10° mentre i rimanenti movimenti sono compensati con il movimento delle articolazioni a valle e a monte della radio-carpica. Si decide quindi, l’intervento chirurgico di sostituzione protesica tipo Universal2 dell’articolazione radio-carpica stessa. Il decorso post-operatorio comprende una cauta e progressiva mobilizzazione del polso fino a 4 settimane dall’intervento e successiva ripresa totale delle normali attività fisiche. Attualmente a circa 15 mesi dall’intervento, il paziente presenta la totale remissione della sintomatologia algica mentre una lieve riduzione del range di movimento e forza di presa rispetto all’arto controlaterale.
DISCUSSIONE
Il dolore del comparto ulnare del polso è un problema complesso sia per la diagnosi che per il trattamento. H.K. Watson e J. Weinzweig (6) ritengono il dolore cronico del comparto ulnare spesso attribuibile a traumi da impatto della testa dell’ulna sul piramidale con conseguente lesione legamentosa. La diagnosi di queste lesioni non è semplice, poiché attualmente un dolore ulnare è facilmente interpretabile come una lesione della TFCC (7). Questa deve comunque essere clinica prima che strumentale. Nel nostro caso la diagnosi è stata ritardata, essendo stati sottovalutati i sintomi lamentati dalla paziente.
Intraoperatoriamente si è confermata la devascolarizzazione del frammento dislocato del piramidale e la avulsione del legamento radio-piramidale, intercalato tra il piramidale stesso e la TFCC. Questo aveva provocato un processo infiammatorio cronico con edema dei tessuti circostanti e iniziale condromalacia del comparto ulnare.
A 4 mesi dall’intervento, la paziente presenta una scomparsa quasi completa della sintomatologia neurologica. Persiste un deficit della deviazione ulnare e radiale, una riduzione del range di movimento e una importante riduzione della forza di presa e di pinza rispetto al polso controlaterale (fig.2).
fig. 2
La relativa rarità di questo tipo di lesioni rende difficile stabilire un metodo preferenziale di trattamento fondato su casistiche cliniche basate sulle evidenze. Dalla letteratura appare evidente come gli Autori raccomandino la riduzione anatomica della lussazione e la sintesi della frattura del piramidale. Tuttavia, in fase acuta il trattamento non può essere guidato dal solo quadro di frattura, senza tener conto delle concomitanti lesioni dei tessuti molli.
Quindi due devono essere gli obiettivi della chirurgia ricostruttiva in fase acuta: il primo è la riduzione anatomica della frattura, il secondo la riparazione dei tessuti molli lesi. Un forte sospetto e un attento esame delle radiografie renderanno spesso possibile l’identificazione di queste rare varianti delle fratture-lussazioni del piramidale. Una volta identificate, la ricostruzione basata sui principi della riduzione anatomica degli elementi ossei e dei tessuti molli permetterà di ottenere il risultato ottimale (8,9).
Nel caso, invece di una frattura-lussazione del piramidale misconosciuta, il trattamento non è ancor standardizzato. È sicuramente necessario valutare primariamente i sintomi legati alla lesione del nervo ulnare o del nervo mediano. Successivamente bisogna prendere in considerazione la possibilità di una ricostruzione anatomica del frammento lussato, del legamento radio-piramidale, per quanto possibile in modo da esorcizzare l’instabilità ulnare del carpo.
La nostra paziente è soddisfatta del recupero sulla sintomatologia dolorosa e sulla funzione della mano, mentre dal nostro punto di vista la ripresa della forza è risultata scarsa. Non escludiamo, dunque la necessità di un secondo intervento in futuro. In letteratura infatti, la sequela più frequente è l’instabilità carpale.
Bibliografia
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